Futura

Il dispiacere è una matrioska. 

Nel passare delle settimane si placa, si ridimensiona, si rimpicciolisce.

Ma non sai, non puoi sapere, quante bamboline dovrai aprire, giorno dopo giorno. 

A fatica, smontando e rimontando altrove. 

Facendo combaciare le due parti esattamente e disponendo le matrioske in fila.

Quello che si sa, invece, è che alla fine ne resterà una, minuscola e compatta. 

Il nucleo intatto e precisissimo di quel dolore, irriducibile.

F.

 

Mi dispiace non poter esprimere le mie sensazioni, nel tempo mi sono abituata a farlo.

Capire la marginalità del mio ruolo, e constatare tuttavia di non averla mai sottovalutata.

Mi dispiace giungere inattrezzata a certe circostanze della vita, 

trovare inappropriate tutte le parole prima espresse.

Sapere di aver sempre saputo e per questo rimandato gesti e azioni

e nonostante ciò dover fronteggiare pensieri densi e spontanei.

Il raziocinio è un valido sostegno, una stampella stabile davanti alle spirali emotive,

ma pur sempre una stampella.

Il resto sarà arrivare a quella piccola, minuscola, matrioska.

Il resto sarà solo un tingere di rosa la mia estraneità nel 

ricordo di un sms collettivo, notificato al parentado, me inclusa,

nonostante l’incongruenza genetica, 

da cui l’irrintracciabilità del titolo, che sia esso per vincolo naturale o acquisito.

E ringraziarti, nonostante tutto, per aver avuto voglia o necessità (qualunque sia la causa) di farmelo sapere.

Essere vicini a qualcuno nei momenti di gioia è immensamente superiore

al saper essere vicini a qualcuno nei momenti di dolore.

In questo momento, però, io non posso essere né vicina,

né lontana.

Altrove è il solo luogo in cui sia concesso stare.

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